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“Se non avessi portato con me la cinepresa,

ora i miei ricordi sarebbero sicuramente più nitidi”

 

(Wim Wenders)

 

Scrivere in poche righe la propria storia professionale non è cosasemplice.Il mio lavoro, iniziato alla fine degli anni ’80 è fatto dimolte esperienze intense che mi hanno permesso di incontrarepersone e realtà che non conoscevo.

Dalla collaborazione con il Sindacato e il mondo dei lavoratori, fino alla Scuola e alla  sua dimensione estesa, fatta di fantasia ma anche di fatica e di grande professionalità.

E poi conoscere i bambini. Stupirsi nello stupirli.

Far conoscere loro quella macchina magica e talvolta micidiale che è la televisione. Divertirsi insieme a loro e creare. Produrre video che non verranno magari mai trasmessi ma che resteranno per sempre nella loro memoria: la soddisfazione di aver “creato” il loro film, il loro telegiornale, i loro videoclip. Far sentire i ragazzi dall’altra parte dello schermo.  Far capire loro che ciò che vedono e provano attraverso i grandi media è solo una sintesi creativa e politica.

 

In ogni caso, sempre, un punto di vista. Insegnare che l’obbiettivo non è obiettivo.

 

E poi il sociale. L’handicap visto dal punto di vista di chi siede, sempre e per sempre su una sedia a rotelle. Cercare di capire. Abbandonare stereotipi  e banalità per entrare nei mondi della diversità e della discriminazione.

Scoprire che la dipendenza è dentro ognuno di noi e che ha tanti, infiniti nomi e modi di esprimersi e di invadere la nostra esistenza.Ed in tutte queste storie tante esperienze umane. Bambini, insegnanti, sindacalisti, psicologi, disabili, carcerati, persone felici e persone infelici. Adolescenti arrabbiati e genitori preoccupati. Ricercatori scientifici perplessi, politici stanchi, anziani con lo sguardo perso nella loro gioventù. Ma, in ogni caso, sempre tanta umanità.

 

Ed è forse questo il mio lavoro.

L’occhio curioso di un regista che cerca di capire le vite di queste persone, dando loro la possibilità di raccontarsi.